Sbarchi e rischio di contagio per i poliziotti, l’UGL: “dirottare le emergenze su due porti e attivare aree di quarantena”

“L’accoglienza agli immigrati non può mettere a rischio la salute pubblica: né quella delle forze dell’ordine impegnate a fronteggiare le emergenze, né quella dei cittadini”: con queste parole, il segretario generale dell’Ugl Polizia di Stato di Palermo Antonino Piritore manifesta la preoccupazione del sindacato in merito al pericolo dei contagi nei porti isolani per l’arrivo dei migranti.

foto segretario“Da gennaio ad oggi – si legge in una nota diffusa dal segretario – gli immigrati sbarcati sulle nostre coste sono oltre 61 mila: gli extracomunitari provengono soprattutto da zone di guerra o da aree del globo dove malattie come la meningite, la scabbia e la tubercolosi, da anni debellate sul nostro territorio, sono ancora molto diffuse; giunti in Italia, dopo una visita medica superficiale, vengono lasciati liberi di circolare con la conseguenza di possibili contagi tra forze dell’ordine e civili”.

“Massimo rispetto per la loro drammatica condizione – precisa il sindacato – tuttavia questi soggetti, nella maggior parte dei casi peraltro inconsapevoli delle loro condizioni di salute, sono dei potenziali portatori di malattie”.
“L’Ugl Polizia di Stato – aggiunge – non accetterà che i poliziotti, alle prese l’emergenza più rilevante degli ultimi anni, vengano sacrificati in nome di una situazione insopportabile, legata ad una palese incapacità organizzativa: il sindacato propone di cambiare totalmente il modus operandi e di concentrare gli sbarchi su due o massimo tre porti marittimi, all’interno dei quali attivare aree di quarantena nelle quali effettuare i dovuti ed accurati controlli sanitari e solo successivamente consentire il contatto e la libera circolazione”.
Dirottare gli sbarchi su specifici porti e predisporre una zona di quarantena, secondo Piritore “è l’unico modo per evitare il rischio contagi e permettere, al contempo, immediate e precise cure ai malati”.

Il grido d’allarme lanciato dal sindacato riguarda anche “l’assenza degli opportuni e dovuti materiali indispensabili a prevenire il contagio: la profilassi, quando attivata, viene infatti eseguita dopo che i poliziotti hanno avuto contatti con altri colleghi, familiari e amici; non a caso, ad oggi si registrano tra essi e tra i militari diversi casi di positività alla tubercolosi”.

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