Eterno visionario o narrazione stentata?
Una sequela di luoghi comuni, senza cogliere mai la vera essenza di vita del maestro Pirandello oppure uno spaccato familiare poco noto ai più? I punti di vista sono molteplici sulla qualità artistica dell’ultimo film diretto e co-sceneggiato da Michele Placido.
Alcuni hanno visto nel film:
“il ritratto di un uomo fragile negli affetti più cari e, al contempo, in cerca di successo e di consenso politico-culturale. Sicuramente un grande visionario, che ha sofferto e scrive del vivere”. “Rispetto al rapporto con Marta Abba, ciò trova riscontro nel’epistolario tra i due”. E ancora “amo più lo scrittore e il cerebralismo piuttosto che l’uomo ma riconosco che non avrebbe potuto scardinare la narrazione dello schema borghese se non ne avesse conosciuto così da vicino la natura”.
A mio parere la narrazione è stentata, seppur carica di visioni e suggestioni, senza cogliere mai la vera essenza di un genio, di Pirandello. Sociologo, filosofo e drammaturgo di fama planetaria. Quanto c’è di Pirandello, quanto di Michele Placido nella pellicola “L’eterno visionario”, nella complicata faccenda di disquisire della vita privata e delle intuizioni di un genio letterario?
Qual che traspare dall’ultimo film di Michele Placido è la “loicità” del Pirandello personaggio o del Placido autore. Personaggi in cerca d’autore.. infatti Pirandello personaggio fatica a trovare se stesso nel racconto spasmodico dei propri affari familiari, affidandosi, l’autore, a cliché di conclamata banalità: il complicato e turbolento rapporto padre-figli, il complesso di Elettra vissuto dalla figlia, l’amore sensuale, negato, con Marta Abba, perché lui ormai vecchio e disfatto.
La riflessione disperata, guardandosi allo specchio, sul disfacimento del proprio corpo, quando, nella mia personale visione di Pirandello, affiora l’immagine di uno spirito leggero di rara sensibilità rivoluzionaria che ha affrontato di petto la modernità effimera, il culto della velocità, dunque la larvata critica alla cinepresa, come in Quaderni di serafino Gubbio operatore: “Mi domando se tutto questo vertiginoso e fragoroso meccanismo della vita” prima o poi degenererà portando l’umanità all’autodistruzione.
La critica alla civiltà industriale e meccanizzata, questo è Pirandello, non l’anziano supino alla proposta di fare cinema con Murnau in Germania per titillare il suo Ego e al contempo lanciare la propria pupilla, Marta Abba, interpretata dall’attrice Federica Luna Vincenti, nonché compagna di vita di Placido.
Che confusione!
Nella pellicola l’anima del genio siciliano non c’è, forse la conclamata follia di alcuni gesti e personaggi di sua creazione, non già la macchietta della moglie personaggio, folle a tal punto da risultare poco credibile e attendibile, almeno nella pellicola vista. Dov’è la modernità di Pirandello?
Ma, soprattutto, dov’è la sicilianità al di là dei sofismi, delle considerazioni sulla “femminilità” ricercata dal genio e mai trovata se non in Marta, sul fare teatro, sul dare uno schiaffo agli spettatori a teatro con opere rivoluzionarie, dove il confine tra attori e spettatori è dissolto?
Il tema del dialogo allo specchio è di matrice bergmaniana, mentre Marta abusata, ambigua e disfatta nella visione onirica di Placiso ricorda più il maestro Kubrick, scene già viste in Eyes Wide Shut .
L’intellettuale Placido esprime in modo genuino la propria visione artistica pur con qualche licenza, il vero problema del film, semmai, è di fluidità della narrazione che non sia banale e che metta in evidenza realmente quei tratti di autenticità rivoluzionaria del Pirandello realmente esistito. Sui perché di certe scelte, infatti, come la convinta adesione al fascismo, non c’è la possibilità di saperne di più, senza scomodare il maestro.
Merito comunque di Michele Placido è di essersi cimentato in una matassa di difficile risoluzione, oltre ad avere riesumato il mistero di un’anima letteraria complessa, irruente pur geniale nelle sue contraddizioni e intuizioni. La critica rileva anche alcune voci positive sulla pellicola di Placido.
Altri ancora hanno commentato: “non trovo banale la descrizione del rapporto complicato tra padre e figlia , e tra lui e la follia della moglie e l’amore di Pirandello per Marta descritto nel film. Il regista descrive un amore platonico, Pirandello ama la genialità di Marta, la sua capacità di cogliere la vera anima attraverso la recitazione. In verità, non trovo mai banale il parlare di sentimenti, … io della vita di Pirandello non ho mai sentito parlare. La recitazione e le scene niente male a paragone delle oscenità che vengono proiettate oggi. Per il resto è tutto vero: non c’è altro che il racconto di una vita umana come quella di tanti altri che, comunque, lo ha ispirato contribuendo a creare quelle opere intramontabili di Pirandello.”
Agli spettatori il compito di farsi un’idea personale sulla pellicola.