Quarantasei donne uccise all’interno delle mura domestiche dall’inizio del 2012. Una ogni due giorni.
Nel 2011 sono state uccise 97 donne. Secondo l’Istat infatti una donna su tre, tra i 15 e i 70 anni è stata colpita, nell’arco della propria vita, dall’aggressività di un uomo, ma la cosa drammatica consiste nel fatto che al 60% dei casi alla violenza hanno assistito i figli. Le donne più colpite sono quelle comprese nella fascia che và dai 15 ai 23 anni. Al di là delle statistiche, dei numeri, fanno riflettere le storie drammatiche,” raccontate” dai TG, come quella della povera Vanessa Scialfa ventenne di Enna strangolata dal convivente dopo un banale litigio o quella di Stefania Noce, uccisa dal convivente che diceva di averla amata più della sua vita. Ciò che va rilevato con stupore è che sia le Tv che la carta stampata, li segnalano come omicidi passionali, storie di raptus, gelosia; dimenticando che tutto ciò e una pratica violenta non certamente patologica, ma culturale. Questa pratica oggi si chiama femminicidio, che indica la distruzione fisica, psicologica ed istituzionale della donna. In Argentina le donne hanno fatto si che il Parlamento riconoscesse che il legame tra vittima e carnefice costituisce un’aggravante nella violenza perpetrata su una donna. Anche in Guatemala è stata approvata la legge contro il femminicidio che stabilisce pene severe per chi si macchia di questo reato.
La società civile italiana non deve limitarsi all’indignazione, alla condanna, ma deve riflettere seriamente e dettare alla politica una concreta azione, una forte scelta di campo in favore delle donne, affinchè non siano lasciate drammaticamente sole.
Aldo Mucci
C.S. CGIL Villaggio Mosè