La Cina è sulla bocca di tutti di tutti: lo sappiamo! Molti di noi si chiedono – spesso con timore e sgomento – verso quale futuro si avvia una nazione grande quasi come un continente e con una popolazione di 1,3 miliardi di abitanti. Ci dominerà tutti? Saremo assoggettati dai cinesi? Le loro merci inonderanno, più di quanto già facciano oggi, i nostri mercati?
In realtà, al momento attuale la Cina è una società che dimostra quanto grande sia la capacità dell’uomo di puntare allo sviluppo, con tutti i suoi pregi e difetti. È stupefacente come il governo di Pechino sia riuscito a portare nell’arco di poco più di trent’anni centinaia di milioni di persone fuori dalla povertà. Se ci si riflette sopra, è stato in effetti un sforzo grandioso, coronato da un successo a dir poco epocale.
Tutto risale agli anni successivi alla morte di Mao Zedong (1976), quando la leadership cinese, sotto la guida illuminata di Deng Xiao-ping, capì che il comunismo non era riuscito a portare benessere al Paese. Deng comprese che per la Cina comunista, come costruita da Mao, si prefigurava quindi un futuro simile a quello che attendeva l’Unione Sovietica: il declino e poi il crollo. Egli preparò perciò una svolta geniale per il suo Paese: coniugare il comunismo con il capitalismo. Pur lasciando infatti inalterato il regime a livello politico, volle che sul piano economico i cinesi accogliessero il sistema di mercato. Preservò così il potere della classe dirigente e del Partito Comunista Cinese, ma stabilendo che solo il capitalismo avrebbe potuto portare sviluppo ai cinesi. La sua massima del resto era: “Non importa di che colore sia il gatto, l’importante è che acchiappi i topi”. In altre parole, egli voleva dire che a livello economico si può anche non essere dei “rossi”, poiché la storia insegna che, nella lotta tra comunismo e capitalismo per la supremazia, il secondo sistema è maggiormente in grado di generare ricchezza per tutti.
Seguendo i dettami di Deng, la nazione cinese ha poi superato se stessa. Non solo ha introdotto il capitalismo dentro la sua società, ma è diventata nel volgere di pochi anni la seconda potenza economica del mondo dopo gli Stati Uniti. E molti analisti prevedono come ormai vicino il sorpasso. Vedono un indicatore di ciò nel fatto che, ad esempio, la Cina detiene una buona fetta del debito pubblico statunitense. Il che fa dedurre loro che, se solo la Cina volesse, potrebbe tenere in scacco, se non distruggere, gli Stati Uniti. Ma è una previsione che non convince: in fondo, la Cina non ha alcun interesse da affondare gli Stati Uniti, poiché non potrebbe più esigere gli interessi e i crediti che vanta nei confronti di essi.
Siamo poi sicuri che la Cina sia prossima a diventare la superpotenza mondiale capace di soppiantare Washington? Evidentemente Deng Xiao-ping, pur nella sua genialità, ha lasciato un’eredità complessa e piena di incognite ai suoi successori. Ce lo insegna la tragedia di Piazza Tienanmen del 1989, quando migliaia di studenti chiesero a gran voce l’introduzione anche delle libertà politiche e civili in Cina, ma furono massacrati dal regime comunista, che non tollerò di perdere il suo potere ancora oggi incontrastato.
Potrà però mantenersi a lungo questa forma ambigua di società, capitalista in economia e comunista in politica? Quanto a lungo il Partito Comunista Cinese potrà resistere e non rinunciare al suo ruolo di guida unica della nazione? È chiaro che prima o poi i cinesi, specie i giovani, dopo essersi arricchiti col capitalismo torneranno a chiedere più democrazia, diritto di scegliersi i loro rappresentanti, stampa e mezzi di comunicazione liberi. Magari trascorreranno anche decenni prima che si manifestino queste radicali richieste, ma se si verificano, allora tutti i nodi verranno al pettine e si capirà quanto sia realmente solida la Cina. Potranno generarsi eventi difficilmente prevedibili: forse emergerà una Cina ancor più forte, vera superpotenza mondiale, ma la strada verso questa meta è – credo – ancora lunga; e speriamo non sia costellata di eventi drammatici per gli stessi cinesi, di esplosioni violente all’interno di quell’immenso Paese.
GianPaolo Ferraioli