La Sicilia è una terra splendida, un posto perfetto se non fosse che…

La Sicilia è una terra splendida. Buon cibo, belle spiagge e sole quasi tutto l’anno. Un posto perfetto.
E allora come mai è una delle regioni più povere di tutto il meridione? Di denaro in questi anni ne è stato inviato parecchio: per grandi opere, autostrade, per la cultura, per l’istruzione; e ancora, in favore dell’agricoltura e della pesca, del patrimonio artistico e paesaggistico.
Intanto eccoci qui: sull’orlo del “default”. Già, stiamo per fallire. Le famigerate agenzie di rating non ci hanno ancora attaccati o declassati, non perché è tutto apposto, ma perché non ci sono documenti ufficiali sui quali basarsi per poter dare un giudizio sul bilancio della Regione Sicilia. Tanto per cambiare, manca la trasparenza.

In Sicilia il problema più grosso è sempre stato questo: nessuno sa mai niente. Dati ufficiali dicono che su più di 1800 progetti che dovevano essere attivati in Sicilia per fornire servizi alla comunità e dare lavoro a migliaia di persone, grazie ai fondi stanziati dalla Comunità Europea, solo un centinaio sono stati effettivamente portati a termine. Gli altri ovviamente forse non lo saranno mai. Intanto però i soldi non ci sono più. Spariti nel nulla. Nessuno sa che fine abbiano fatto. La conseguenza naturalmente è una sola: l’Unione Europea non è più disposta a stanziare fondi a queste condizioni. E allora che si fa? Semplice: si aspetta di nuovo che arrivi la manna dal cielo. Stavolta però molto probabilmente non arriverà. Nessuno fa niente, ad eccezione del caro Presidente della Regione, che, a dimissioni annunciate, sembra essere più attivo di prima.
Le nomine fioccano come neve di inverno. Bisogna mangiare tutto, fino all’ultima briciola. Ma finanche fosse questo, ci si potrebbe rassegnare. È questo il peso che i siciliani da secoli si portano addosso: la rassegnazione. Ma non è tollerabile la negazione che si fa ai ragazzi del proprio futuro. Non si possono negare loro bisogni primari e diritti. Un giovane siciliano deve avere il diritto, ad esempio, di poter studiare e frequentare una università che gli fornisca gli stessi servizi e lo stesso trattamento di una qualsiasi altra università italiana senza doversi spostare di migliaia di chilometri dalla propria casa. L’Università di Palermo è una delle migliori in quanto a preparazione, sia dal punto di vista dei docenti che da quello degli studenti che vi si formano. Purtroppo si ha spesso a che fare con problemi di carattere pratico però. Piani di studio sbagliati, esami rimandati, anticipati, spostati, annullati. Per non parlare delle segreterie, sempre tanto affollate e sature di lavoro da smaltire che gli errori a danno degli studenti sono all’ordine del giorno. Gli studenti evitano la segreteria come fosse un luogo di dannazione eterna. È questo il problema delle nostre università come dell’apparato degli enti locali: troppa burocrazia, troppi meccanismi complicati, troppi sprechi. Non si possono quindi biasimare coloro che decidono di andare là dove la vita sembra essere più semplice.

È una legge di natura: anche le rondini migrano ogni anno alla ricerca di condizioni più favorevoli e in fondo anche noi siamo animali, un po’ più in alto nella scala evolutiva certo, ma pur sempre animali. L’unica cosa che blocca il cambiamento è la paura. Si ha paura di dover fare necessariamente il proprio dovere per mantenere il proprio posto di lavoro e di dover per forza impegnarsi e fare del proprio meglio. Forse per pigrizia, forse per mentalità o forse perché la situazione non è ancora così grave da farcelo capire, non siamo ancora disposti a cambiare la realtà in cui viviamo. Ed è un peccato perché potremmo renderla davvero molto migliore di com’è. Ma se Maometto non va alla montagna, allora è la montagna ad andare da Maometto. E così noi: scegliamo di spostarci continuando a non capire che NOI siamo la “montagna” e abbiamo la forza di cambiare le cose. Basterebbe saperlo e, soprattutto, volerlo. Abbiamo un bellissimo strumento con cui poter fare qualcosa: il voto. È un nostro diritto. E soprattutto è un nostro dovere, per tutti questi motivi, votare pensando al futuro e al passato: bisogna pensare a cosa si può fare per il futuro di tutti e non a cosa è stato fatto nel passato per il singolo; bisogna pensare a ciò che è stato fatto per il bene di tutti e non a cosa sarà fatto solo per alcuni.

Scritto da Alfonso Gallo

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