L’Europa si mobilita contro il “nemico comune” nato in Europa

Come in ogni guerra, qualcuno si arricchisce e ne trae utilità. La vera domanda è: a chi giova un tale stato di guerriglia, di disordine, di terrore diffuso? Una volta data la risposta a questa domanda tutto torna ad essere più chiaro. Probabilmente il sistema ha bisogno di costruire un nemico (vero o presunto) contro cui indirizzare il nostro odio, il nostro malessere, in modo da giustificare le future privazioni di libertà che ci attendono. Come in ogni buon sistema totalitario vige la regola del nemico costruito, del terrore diffuso per l’altro, per il diverso, della progressiva riduzione delle nostre libertà personali in nome della sicurezza. Già, perché tutti siamo disposti a cedere parte delle nostre libertà in cambio della sicurezza personale: chi vuole rischiare di morire al prezzo della libertà?

Meglio perdere diritti, pensioni, lavoro, servizi essenziali, se ciò può servire a farci sopravvivere dall’attacco di un vero presunto nemico dell’Occidente, che in realtà ha covato il proprio malessere all’interno del suo cuore: è nato in Europa, è qui vissuto e ha osservato tutte le nostre debolezze, le distorsioni della società europea che ci vuole sulla carta tutti uguali, ma che in realtà genera e perpetue continue separazioni tra le classi sociali e non consente a chi “appare diverso” un’autentica mobilità sociale. I diritti, in molti casi, non sono per tutti uguali.

Di gran lunga meglio, certo, rispetto alla chiusura delle coscienze, al fanatismo religioso, la possibilità di potere esprimere la propria opinione anche contraria al sentire comune, che non è certo sintomo di debolezza, ma di libertà di pensiero, una conquista del nostro sistema democratico. La possibilità finora di pensarla diversamente dagli altri, di dissentire, di non fare fronte comune insieme alla maggioranza delle persone, perché non siamo pecore e il conformismo non ci appartiene. Per concludere:

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo.

I disapprove of what you say, but I will defend to the death your right to say it.”
Evelyn Beatrice Hall

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