Lo zio canonico prima rinnegato, subito dopo amato per la sua eredità… il teatro a Calamonaci continua a sorprenderci

Sabato scorso, per il 5° appuntamento della rassegna teatrale di Calamonaci “Premio Giovanni Raffiti”, è stata la volta dell’Eredità dello zio canonico, commedia in due atti di Antonino Russo Giusti interpretata dall’Accademia dei Guitti di Caltanissetta riadattata da A. Capodici.
eredita2La commedia parla della facilità delle persone nel fare voltagabbana e di come siano capaci di modificare comportamenti, sentimenti e idee se, così facendo, possono ricavarne qualcosa. Di come siano disposte a fare di tutto per soldi, anche una bislacca seduta spiritica atta a chiedere al defunto il perché non avesse lasciato ai parenti nulla in eredità, come succede nel secondo atto. Certo, l’ipocrisia, cioè “l’arte” di ostentare sentimenti che in realtà non si provano, è odiosa; così come lo è la grettezza d’animo, cioè quell’agire sempre e soltanto per interesse e mai per il solo gusto di fare del bene.

Il teatro ha la capacità di far sorridere dei difetti più infimi del genere umano, stigmatizzandoli per un verso con l’ironia, amplificandoli per un altro verso, con tutti i trucchi dell’arte scenica, diventando uno specchio dei nostri difetti da cui possiamo trarre anche motivo di riflessione.
Così sabato a Calamonaci si è riso: anche questa volta il pubblico è rimasto soddisfatto. La commedia parla delle “faide” dei familiari del suddetto zio canonico per appropriarsi della sua eredità alla sua dipartita, il tutto sempre intorno ad un grande ritratto del defunto prima osannato, poi vilipeso dai “parassiti” congiunti, a seconda di chi fosse il beneficiario della sua eredità. Il pubblico ha assistito così sia al rinnegare il povero zio da parte dei parenti, in particolare dal nipote erede universale Antonio Favazza, interpretato da Giorgio Villa, quando pensavano di aver perso tutta l’eredità, sia al ritornare ad essere lo zio migliore del mondo, quando l’eredità ritornava nelle loro mani, il tutto tra battute, colpi di scena, sproloqui che hanno fatto divertire tutti.

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Molte battute per la velocità di come sono state pronunciate sono state di difficile comprensione, anche l’intervallo tra il primo e il secondo atto è stato abbastanza lungo, non giustificato da un cambio di scena che è rimasto sempre uguale per tutti e due gli atti, cioè una semplice casa patronale. Tra gli attori hanno spiccato la moglie e la figlia di Antonio Favazza, Agata e Nunziatina, rispettivamente interpretate da Alessandra Falci e da Rita Cinardi, le quali si sono ben calate nei panni della moglie e della figlia brutta, gretta e spavalda. Tra parrucche, baffi, sopracciglia finte, abiti dismessi, ma soprattutto grazie ad un’ottima pronuncia e caratterizzazione delle loro battute hanno fatto sorridere tutti, prendendosi alla fine anche dei meritati complimenti.

Mirella Ciliberto

4 Commenti

  1. In realtà il nome della figlia era Nunziatina e non Maddalena ed era interpretato dalla sottoscritta Rita Cinardi! Giusto per la correttezza dell’informazione! Grazie per l’articolo 🙂

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