Dopo tre anni dall’ultimo album, Folkore & Superstition, ritornano i Black Stone Cherry con “Between The Devil And The Deep Blue Sea” uscito il 31 maggio di quest’anno, album che a primo impatto soddisfa le aspettative dei fan e che forse riesce a catturarne dei nuovi.
A differenza dei primi due album, l’omonimo Black Stone Cherry (2006) e il già citato Folkore & Superstition (2009), il nuovo lavoro della band del Kentucky, capitanata dal cantante e chitarrista Chris Robertson, si è proposto di rimanere in linea con i generi che più gli appartengono, quali l’ Hard rock e il Southern che avevano già caratterizzato i loro lavori precedenti, in particolare il primo, ma ha anche voluto arricchirsi di sonorità più orecchiabili per ampliare la fascia di pubblico.
Il primo brano dell’album è il singolo “White Trash Millionaire”, caratterizzato da un ritmo trascinante e da un uso magistrale del Wah-Wah (effetto di chitarra peculiare a molti pezzi, specialmente durante gli assoli), al quale segue l’anche più potente “Killing Floor”, con i suoi ritmi più cupi e metal.
Ad allentare i toni, la più orecchiabile e quasi prevedibile, nei ritornelli soprattutto, “In My Blood”, seguita dall’ottima “Such a Shame”, contraddistinta da un testo di denuncia sociale verso la scarsa attenzione che i genitori rivolgono ai figli, e da una eccellente parte corale.
Il resto dell’album alterna ballads dal sapore southern, tra le quali possiamo citare “Won’t Let Go”, “Like I Roll”, e il pezzo di chiusura “All I’m Dreamin’ Of”, e i brani dal timbro decisamente hard rock come “Blame It On The Boom Boom”, “Change” e “Staring At The Mirror” (traccia bonus insieme a “Die For You” e “Fade Away”).
Tirando un pò le somme, il gruppo di Edmonton ha ampiamente superato la prova del nove rappresentata dal terzo album, regalando un prodotto che propone il giusto equilibrio tra i sound affermati e amati del Country e del Blues e i nuovi ritmi alternativi moderni, suscitando le simpatie del pubblico esperto e delle nuove generazioni.