“Il Tasso e le poetiche figurative della fine del Cinquecento” per i cultori di storia dell’arte e letteratura italiana è ora disponibile presso le migliori librerie. La pubblicazione Avalon, al modico costo di poche decine di euro, è frutto del paziente lavoro di ricerca di Anna Licia Gagliardo, insegnante di Lettere Moderne e scrittrice di racconti e poesie, nata a Bagheria nel 1935.
A fine anni ’50 l’autrice, per scrivere il suo lavoro di tesi, si affidò alla guida del maestro Giulio Carlo Argan, professore di storia dell’arte medievale e moderna, il quale nell’anno accademico 1958-59, promuoveva linee di studio e ricerca del tutto innovative, mirate ad esplorare insoliti campi di apprendimento ed assegnate agli allievi più meritevoli.
Il tema scelto da Anna Licia Gagliardo, Il Tasso e le poetiche figurative, riprende infatti il contenuto della conferenza tenuta da Argan a Ferrara il 3 ottobre del 1954. “Era questa – scrive nella prefazione al libro Mariny Guttilla, professore di Storia dell’Arte Moderna presso l’Università di Palermo – una linea di ricerca incentrata sul paragone delle arti che, partito dal concetto oraziano, aveva alimentato il dibattito rinascimentale fra letterati e artisti su affinità e diversità delle arti. In polemica con i poeti che escludevano la pittura dal gruppo delle arti liberali, confinandola fra le arti meccaniche, Leonardo da Vinci ne aveva invece rivendicato la superiorità grazie alla potenzialità dei mezzi visivi, ombre, luci, chiaroscuri, prospettiva area.“
Anna Licia Gagliardo affronta con acume nel suo studio l’analisi comparativa tra i differenti modi impiegati da Castello e da Tempesta nel comporre le scene raffiguranti gli episodi del poema; individuando nel primo una generale tendenza a presentarli nel loro svolgimento; nel secondo la propensione verso una migliore vena descrittiva, riguardo in specie alle scene di combattimento, e la maggiore adesione al testo sia nell’ambientazione che nella scelta dei luoghi.”
Brano tratto dalla prefazione, a cura di Mariny Guttilla, che così prosegue:
“La Gagliardo, dopo avere effettuato una puntuale ricognizione delle numerose edizioni a stampa del poema a testimonianza della fortuna di cui godette – e alla quale non poco contribuirono le illustrazioni degli artisti – concentra la propria attenzione su alcune delle edizioni illustrate,
rispettivamente da Bernardo Castello – la prima pubblicata a Genova nel 1590 –, e dal fiorentino Antonio Tempesta, uscite a Parigi nel 1644 e ad Urbino nel 1735. Si tratta di venti immagini corrispondenti ai canti del poema, delle quali vengono esaminate solo le più significative e funzionali alla dimostrazione dell’assunto teorico. Nello studio della Gagliardo sono messi a confronto, infatti, i diversi linguaggi espressivi impiegati dai due “illustratori”. Castello e Tempesta appartengono ad ambiti stilistici differenti; la loro maniera si distingue nella organizzazione della scena illustrata. Lo schema compositivo seguito da Castello è organizzato in scene disposte su sezioni prospettiche parallele – secondo una sequenza cronologica che partendo dal fondo giunge sino ai primi piani – che aderisce ad esigenze proprie dello svolgimento narrativo piuttosto che alle leggi di rappresentazione prospettica unificata. Di contro, Tempesta, secondo la Gagliardo, “raggiunge una certa sintesi compositiva”. In altri termini, Castello è più in linea con l’assunto oraziano ut pictura poesis, mentre Tempesta, rivendicando alla rappresentazione figurativa una maggiore scioltezza, sincretizza tempi e luogo dell’azione, cogliendo la fase essenziale dell’episodio.
Nella tesi, la descrizione delle singole scene è illustrata efficacemente, così come è puntuale l’analisi delle differenze stilistiche fra i due artisti e l’esame dei dettagli nella resa delle singole scene; ed appare, infine, molto opportuna la scelta di commentare le diverse interpretazioni del medesimo episodio narrato offerte dai due artisti. Costituiscono tutti aspetti importanti del lavoro di ricerca e di elaborazione critica della Gagliardo, che dal suo maestro dovette recepire in pieno i suggerimenti circa la costruzione della tesi, basata su una solida struttura logica.
Nella seconda parte dello scritto è affrontato il tema del Tasso e delle poetiche figurative alla fine del Cinquecento. L’autrice analizza i raffronti tra la poesia del primo e quella dell’Ariosto in relazione alle arti figurative e le analogie fra la maniera descrittiva impiegata nella Gerusalemme Liberata e i modi pittorici di alcuni pittori manieristi, in particolare di Tintoretto.
L’Ariosto nasce nella prima metà del secolo, nel clima della piena classicità rinascimentale; Tasso scrive nel 1575, nel momento in cui si verifica la crisi di quegli ideali e si afferma la cultura manieristica. La Gerusalemme riflette quel mondo in crisi, oscillante tra inquietudini e contraddizioni.
Per fare un confronto con l’arte figurativa, il mondo poetico di Ariosto richiama le atmosfere limpide e la luce chiara di Tiziano giovane, quello di Tasso una luminosità contrastata vicino al luminismo e alle prospettive incrociate di Tintoretto.
Segue la valutazione comparativa tra i modi della narrazione (la fluidità dell’ottava di Tasso) e la pittura fatta di emergenze e rientranze dei manieristi. E ancora, in Tasso e Parmigianino l’attenzione è rivolta ai dettagli ornamentali e preziosi più che alla descrizione sintetica della figura.
Questa comparazione fra poesia e pittura è particolarmente calzante nell’ambiente veneto, dove in pittura si concedeva maggiore importanza agli elementi cromatici piuttosto che al disegno; all’aspetto mitologico e favolistico – ma anche a sentimenti malinconici e atteggiamenti sognanti – piuttosto che al valore intellettuale e a quel “rigore” della storia che il disegno rappresentava per i Fiorentini.
In conclusione, il libro di Anna Licia Gagliardo rappresenta un efficace modello di analisi critica e suscita indubbio interesse per le problematiche che solleva e i numerosi spunti che offre alla riflessione…”