Ma dove sono finiti gli intellettuali, gli anticonformisti, eretici, che con fermezza introducevano dubbi persino alle certezze ideologiche. Forse si sono estinti, essendo figli di di questa società che poco dà in termini culturali e morali? Forse perché ci sono rari modelli da seguire, pochi stimoli per sviluppare e quindi elaborare giudizi critici, idee originali, progettualità politiche innovative? Vorremmo che gli intellettuali fornissero una voce “diversa ” sui grandi temi dell’economia, della politica, della scuola, del sindacato in un momento in cui la connivenza e la compiacenza sembrano caratterizzare i rapporti dei nostri grandi media con il potere politico.
Vorremmo che si facessero da parte i tuttologi, ospiti fissi dei salotti televisivi, i sociologici che periodicamente ci aggiornano sui temi vitali per la società ad esempio l’amore e l’amicizia, i filosofi delle stranezze e tutti coloro che sono troppo accondiscendenti nei confronti del potere del mercato. Vorremmo che gli intellettuali, quelli degni di questo nome, costituissero una specie di “fronte” di democrazia pulsante, richiamando l’attenzione su tutti quei problemi riguardanti non solo l’Italia, ma l’umanità intera, che i mass- media tendono a marginalizzare. Viviamo in un mondo privo di sollecitazioni idealistiche, ma chi ce l’ha potrà mai fornire una spinta ideale se anche gli intellettuali gettano la spugna. La speranza è che si sveglino, che si “tuffino”con le loro ferme ingerenze nella politica, che riprendano la capacità di fare pressioni sul potere, rivoluzionando le “idee”.
Non voglio credere che sono finiti i tempi in cui Pasolini lanciava anatemi contro la televisione e il consumismo, o quelli in cui Sartre manifestava con gli operai davanti ai cancelli della Renault.
Aldo Mucci