Riscopriamo l’interesse nazionale per salvare l’Italia insieme all’Europa

Si può fare una politica nazionalista, tutta tesa a salvaguardare gli esclusivi interessi degli italiani, pur mandando avanti il processo di integrazione europea? Sembrerà paradossale, ma proprio l’Italia può difendere e sviluppare i suoi interessi nazionali, solo se si volge alla difesa e sviluppo dell’Europa unita.
E’ unanimemente riconosciuto dai migliori storici dei temi europeisti che l’Italia ha svolto un ruolo da protagonista in Europa soprattutto nella prima metà degli anni Cinquanta del secolo scorso, quando la nostra classe politica dirigente, capeggiata dalla figura di Alcide De Gasperi, volle giocarsi una buona fetta della sua credibilità nel campo della politica estera appoggiando senza tentennamenti il progetto per la creazione di una Comunità Europea di Difesa: la CED.
La CED aveva l’obiettivo di formare un esercito integrato europeo che avrebbe operato sotto la responsabilità di un unico ministro o commissario europeo della Difesa. Ma ciò non era tutto. Specie per iniziativa italiana, i sei Stati di quella che era allora chiamata la Piccola Europa – Italia, Francia, Germania federale, Olanda e Lussemburgo – stabilirono che la CED dovesse anche essere il primo passo per arrivare a edificare una vera e propria Comunità Politica Europea, con un parlamento eletto a suffragio universale e un governo europeo responsabile di fronte a esso. Se tutto ciò fosse andato in porto, in definitiva già sessant’anni fa avremmo avuto gli Stati Uniti d’Europa.
E sapete perché l’Italia di De Gasperi si mostrò prontissima a cedere buona parte della sua sovranità a quell’organismo sovranazionale? Non perché De Gasperi fosse particolarmente europeista o un idealista o un anti-italiano, votato all’abbattimento dello Stato nazionale per formare l’Europa unita. Ma perché egli intelligentemente capì che, se proprio l’Italia doveva cedere la sua sovranità nel campo della Difesa, allora avrebbe fatto meglio a cederla in tutti i settori della vita statale, poiché il tornaconto sarebbe stato per essa legarsi indissolubilmente a nazioni molto più avanzate dal punto di vista economico, politico, sociale e diremmo anche etico. In altre parole, cedere sovranità si rilevava per De Gasperi il miglior modo per fare gli interessi degli italiani. Insomma, egli era un nazionalista europeista.
La CED poi fallì, restando bollata nei libri di storia come una “grande occasione fallita”. La Francia la affossò prima che nascesse. Il parlamento di Parigi, geloso della sovranità francese, non se la sentì di scommettere sul futuro della Comunità Politica Europea.
Tutto ciò però deve indurci a riflettere sul fatto che, oggigiorno, ci troviamo probabilmente nella stessa situazione di sessant’anni fa. Se L’Italia vuole infatti salvarsi dal disastro economico, dovrà cedere sovranità nel campo della politica economica alle autorità europee. Dovrà mettersi cioè sotto il controllo di organismi sovranazionali. Mario Monti vuole tranquillizzarci su questo punto, negando che l’Italia sia sul punto di essere commissariata, ma state certi che la strada è ormai questa. A questo punto la nostra classe dirigente dovrebbe riscoprire e riprendere il discorso che già aveva fatto De Gasperi: visto che inevitabilmente dovremo cedere la nostra sovranità nel campo della politica economica, tanto vale che l’Italia si faccia di nuovo paladina della creazione degli Stati Uniti d’Europa. Scompariremmo sì come Stato nazionale, ma almeno ci legheremmo finalmente a doppio filo a popoli più evoluti di noi.
Si potrebbe cominciare questo percorso creando ad esempio un ministro delle Finanze comune, con ampi poteri e responsabile davanti al parlamento europeo, sul modello appunto della CED degli anni Cinquanta. E dirò di più: per rassicurare la Germania, il ruolo di ministro delle Finanze europeo dovrebbe essere affidato per un congruo numero di anni a uno statista e/o economista tedesco, almeno finché Paesi come l’Italia o la Spagna o la Grecia non si saranno messi al passo di Germania, Austria, Finlandia od Olanda. Sono certo che il politico italiano che avesse il coraggio di lanciare un simile progetto, sarebbe riconosciuto nella storia come una grande italiano, perché, pur facendo scomparire il nostro Stato, darebbe finalmente agli italiani l’occasione di entrare in un’era di sviluppo politico, economico, sociale ed etico.

Editoriale di GianPaolo Ferraioli

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