– di Margherita Ingoglia
Una donna, una del Sud. Nome dolce e bellezza satura che scatena il diavolo. Il suo nome, solo a sentirlo pronunciare, infiammava l’ira funesta delle altre donne. Lei, come una maddalena, accusata, offesa e maledetta fin da quando aveva 14 anni, quando appena signurina indossò per la prima volta le calze fine.
Da allora sono trascorse tante lune, ora la bambina è diventata donna ma non si sa quanto il mondo da quel tempo sia cambiato, però quel nome, il suo allora tanto offeso, oggi viene letto con diverso tono. Scritto accanto la parola rivoluzione culturale, femminismo, Storia, Libertà, Grazie.
Lei, la protagonista del libro “Niente ci fu” scritto da Beatrice Monroy, è Francesca Viola.
La storia di Francesca o Franca nome con cui oggi viene chiamata, vive la sua storia nell’Italia degli anni ’60, negli anni difficili di cambiamento e ribellioni. Come un déjà vu la scrittrice Monroy, delinea quell’epoca quasi fosse un viaggio dentro una macchina del tempo, facendo rivivere quella storia anche a chi l’ha solo potuta immaginare.
La storia di Franca Viola si colloca dunque in questa atmosfera. Lei, quindici anni, bella. Vive ad Alcamo dove, ancora oggi trascorre la vita con la sua famiglia. E’ ancora troppo picciriddra quando si infatua di un uomo otto anni più grande di lei. Uno bello, con gli occhi neri e la macchina di lusso. Lui però non è uno qualunque. Lui è uno di quelli che contano in paese, non è un nuddu miscatu cu nenti come la famiglia Viola, umile e remissiva.
Melodia questo è il cognome del bel giovane, e i Melodia sono famiglie che contano in società, sono Nomi. E il suo fa tremare quando si sente pronunciare, perché Filippo Melodia è il nipote di Vincenzo Rimi, di Don Vincenzo Rimi.
Capomafia dell’Alcamo degli anni ’60, alleato di Gaetano Badalamenti, quel Badalamenti de I Cento Passi. Lo stesso che fece uccidere Peppino Impastato. Di quel Rimi si diceva che era riuscito a creare ristoranti lussuosi sul lungo mare grazie alle passiate a braccetto che si faceva con Vito Guarrasi, Bernardo Mattarella, Lucky Luciano. Tutti Nomi, insomma.
Ma Bernando Viola in questa storia non ci vuole avere niente a che fare, proprio un ci calava quel mafiusazzo di Filippo. Sua figlia Franca non andrà in sposa ad un malacarne. Così ha deciso.
Che ingenuo! Non aveva capito che era impossibile rifiutare. Ma come si convinceva? Come avrebbe potuto un nuddu miscati cu nenti respingere l’offerta di maritare la figlia Franca, la ragazza più bella del paese, a Filippo Melodia, quello con un Nome? ‘Nz, non era possibile.
E’ da quel momento che iniziano per i Viola mesi difficili, alternati da intimidazioni e minacce fatte da taliate minatorie e silenzi che latravano come belve nella notte.
Il padre di Franca però, a quelle minacce reagisce col silenzio e l’indifferenza. Sta buono nel suo, tanto pensa che prima o poi, quel Melodia la finirà. Sta fermo Bernando, sta a guardare senza parlare.
E’ così che è scritto il libro di Beatrice Monroy, con tanti occhi e troppi silenzi. Con mille pupille che scrutano minacciose. Come lupi, fedeli al branco, si lanciano tra loro sguardi di intesa. E poi ci sono quegli occhi di madonne, con le lacrime travasate nei rosari e le genuflessioni alla vita, soffocando i singulti.
I silenzi. I taciti assensi. Gli oblii di piombo che lacerano le anime. Silenzi rocciosi e graffianti come quando si passa la mano sugli scogli per conoscere la consistenza. Nessuno sente e nessuno parla, come quando si diventa sordi e muti, insieme; ma niente ci fu.. non ci deve pensare.
Intanto la famiglia Melodia decide di mandare Filippo in Germania per farlo sbariare. Per distrarsi. Lo sanno che è una testa calda e la Germania può essere una soluzione.
Il 26 dicembre 1965 però, sette uomini, amici di Filippo, entrano nel cortile Arancio dove Franca vive. Buttano a terra la porta dell’abitazione e dopo aver dato un colpo in testa alla madre Vita che perde i sensi, rapiscono Franca Viola. E’ finita!
Tu sei lì. Forse non ci sei per niente, lui capisce che qualcosa non funziona: tu non sei felice di essere con lui. Passano i giorni, nessuno si fa vedere. Niente si sente. Tutto è uguale. La solitudine di giorno, i rumori della campagna e la sera, Filippo. Non ti avranno dimenticata?
(dal libro Niente ci fu)
Passeranno 8 lune prima che il padre, Bernardo Viola si convinca ad andare a casa di Filippo Melodia per acconsentire al matrimonio. “Sì” Così aveva detto a Filippo: Pax mafiosa. Era fatta.
E Franca? Che fine ha fatto Franca? Perché nessuno pensa a lei? perché nessuno le chiede cosa vuole lei? Lei non parla. E’ abituata a rispettare gli uomini. A eseguire gli ordini.
Al tuo corpo dolente, al tuo corpo violato dovrai dire niente ci fu!
(dal libro Niente ci fu)
Perché in fondo, lei lo sapeva che la colpa era solo sua. Sua e di nessun altro. Lei era troppo bella. E una così bella “fa diventare l’uomo bestia”: quindi dodici Ave Maria, venti Padre nostro e un mea culpa.
1 Gennaio 1966 il giorno è arrivato: Franca Viola deve uscire dalla casa di Via Mascagni ad Alcamo dove è rimasta per otto giorni insieme a lui.
Dovrà fare la passiata con il futuro marito, Filippo Melodia. Lo dovrà fare in pubblica piazza, sotto gli occhi dissacratori degli uomini con la coppola e la fiumara di ciuciulii, dei pettegolezzi della gente. Franca Viola si sposa Filippo Melodia.
La storia però non è andata così. Perché la più bella del paese non poteva sposare un malacarne. Filippo era bello, tanto, ma era stato prepotente, come Lucifero il più bello degli angeli, che pur di essere guardato per un momento da Dio, gli disobbedisce. Dio lo guarda per un momento, ma poi viene incenerito per l’eternità, costretto negli inferi a causa della sua disobbedienza.
Il padre di Franca non aveva acconsentito al loro matrimonio e Filippo avrebbe dovuto accettarlo. Bernado Viola non vuole. Lui un nuddu miscatu cu nenti a quel malacarne la figlia non gliela vuole dare. E Filippo, come Lucifero, finirà dietro le sbarre.
Quel No diventerà epico. Di liberazione. Di vittoria. Di storia. Da quando Filippo, aprendo la porta di casa per la passiata in piazza, si trova davanti i carabinieri pronti con le pistole puntate. Che deve fare Filippo? Lei forse è troppo bella per lui. Non era destino che la doveva sposare, gliel’avevano detto.
“Lasciatelo stare, lui è già mio marito” saranno le uniche parole che si sentiranno pronunciare a Franca Viola, ma Filippo sarà arrestato.
Il 9 dicembre 1966 si apre il processo tra Franca Viola e Filippo Melodia.
Ma chi difenderà Franca Viola? Quale avvocato avrà il coraggio di mettersi contro quei Nomi così importanti e tanto disobbedienti?
Forse solo lui avrebbe potuto fare una cosa del genere, Ludovico Corrao, un omino esile e stravagante. Un eccentrico. Un mecenate. Ludovico era un uno dal cuore d’oro. Il nome suo rimarrà legato a doppio filo a quello di Franca Viola, e di Gibellina, dove è stato sindaco dopo il terremoto del ’68. Lui, Corrao, in quel paese ha portato artisti e nomi illustri per sistemare ogni cosa distrutta dal sisma. Morirà in circostanze misteriose attribuite forse alla sua omosessualità, o forse al suo comportamento scomodo. Non si sa. Ludovico Corrao è stato un secondo padre per Franca Viola. La salva e le farà vincere il processo. Franca è salva.
Niente ci fu era il velo per nascondere la rabbia. Niente ci fu. Era la storia che doveva essere dimenticata in fretta per non dolersi. Niente ci fu. Era nascondere i soprusi. Niente ci fu. Era chiudere gli occhi e soccombere. Niente ci fu. Era morire lentamente.
Come un mantra per non pensare e non vivere e non essere, niente, niente ci fu.
Tuttavia per Franca Viola davvero non è successo nulla, perché quella “cosa chiamata ragazza” con quel No ha cambiato il senso a quell’esclamazione di arresa che ha risuonato nei decenni come lo sparo di un cannone facendo il giro in tutto il mondo, e ancora oggi fa sentire la sua eco, allora Niente ci fu.
Eppure qualcosa ancora me la chiedo. Mi chiedo se per caso Franca Viola non si sia trovata protagonista sua malgrado. Mi chiedo fino a che punto il “no” sia stato veramente voluto da Franca. Mi chiedo se non sia stata l’ennesima obbedienza all’uomo, al padre Bernardo in questo caso. Perché l’unica frase che pronuncia è quando sta per perdere Filippo, quando comprende che quell’uomo sarà arrestato? In quell’occasione lo chiama “marito”; e se lei amasse veramente Filippo Melodia? E se quel suo amore fosse stato messo a tacere forzatamente solo per evitare un dispiacere al padre? Troppi se e forse tante domande che non è giusto fare sulla vita privata di una donna che ha ritrovato l’amore con un altro uomo, ha creato la sua famiglia ed è rimasta nel silenzio della sua vita. Lontana dai riflettori e dalla vita pubblica.
A lei sono stati dedicati il film “La moglie più bella” di Damiano Damiani del 1969, con Ornella Muti, Alessio Orano, Tano Cimarosa e Joe Sentieri; la canzone scritta e musicata dal cantastorie Otello Profazio e Ignazio Buttitta “La Regina senza Re” e tanto tanto altro.
Ma quanto è cambiato il mondo dal 1960? Poco, molto poco. Margherita Hack disse che noi umani siamo scimmie evolute… ma neanche tanto. E credo che avesse ragione.
E’ del 12 Luglio 2013 la notizia della presenza di Malala Yousafzai all’assemblea Generale dell’Onu, vestita di rosa per leggere a tutti i rappresentanti presenti il suo discorso sui diritto delle donne. Un’altra ragazza si ribella all’uomo. Lei 16 anni compiuti quello stesso giorno, ferita in fronte lo scorso Ottobre dai talebani mentre andava a scuola perché con quel proiettile pensavano che l’avrebbero zittita. Credevano che quella bambina li avrebbe temuti. Ma a sedici anni, Malala non si arrende e grida al mondo che i terroristi temono la cultura e che una penna è più pericolosa di una bomba.
Un discorso lungo 17 minuti terminava con una frase:
Un ragazzo. Un insegnante. Un libro e una penna possono cambiare il mondo. E’ con la cultura che si cambia. La cultura è la soluzione”.