La chiesa della Matrice, “Maria SS. Assunta” di Sambuca di Sicilia diventa argomento di tesi della Facoltà di architettura di Palermo.
Ad elaborare la ricostruzione storica del complesso monumentale, è stata la neo dottoressa Francesca D’Antoni che ha analizzato l’evoluzione architettonica- storico-culturale della chiesa sambucese, chiusa e abbandonata oramai da diversi decenni. Un lavoro di ricomposizione quasi anacronistico, che a ritroso negli anni, cerca, attraverso documenti, testi e vecchie foto, di ripristinare il primigeno e migliore aspetto dell’antica chiesa madre.
“E’ stato un lavoro di rilievo e ricostruzione dell’evoluzione architettonica della Matrice. Un lavoro a ritroso per far riemergere le immagini della prima espressione della chiesa – afferma la dottoressa D’Antoni –. Prendendo spunto dalle attuali condizioni in cui si trova l’edificio, con l’aiuto di foto e documenti, ho potuto ricostruire l’aspetto che la fabbrica aveva nei suoi primi anni di vita.”
La storia della chiesa ha origini molto antiche. L’impianto attuale, a croce latina, è frutto della riedificazione avvenuta nel 1642 quando, per volere delle marchese di sambuca, Donna Giulia, e della sorella Donna Maria, la chiesa fu del tutto rifabbricata.
Al termine dei lavori, la Chiesa Madre fu aperta al culto divino il 12 febbraio 1651 e, ricorrendo la domenica quinquagesima, fu solennemente benedetta e dichiarata parrocchiale, sotto il titolo di Maria SS. Assunta.
Tra il ‘400e il ‘500, – spiega la dottoressa D’Antoni – la chiesa occupava una parte dell’antico Castello di Zabut, precisamente l’ala sinistra di esso e, di dimensioni molto più ridotte rispetto alla configurazione attuale, era dedicata dapprima a S. Barbara e successivamente a S. Pietro”.
L’ex Matrice, quindi, è il punto di partenza della configurazione dell’intero abitato sambucese e, dalla quale si diramano i sette vicoli saraceni che rappresentano, ancora oggi, una vera testimonianza del passato.
La monumentale opera che troneggia nella piazza della Matrice, risulta ad oggi però inagibile a causa dell’opera di danneggiamento che ha subito successivamente al terremoto che nel 1968 ha colpito la valle del Belice. La tesi della D’Antoni a riguardo, mostra come l’impianto si è evoluto e trasformato dopo gli interventi di restauro e consolidamento eseguiti rispettivamente nel 1988 e nel 2006, opere avvenute con molta lentezza a seguito delle lunghe prassi burocratiche e amministrative.
“Nel percorso lavorativo si è cercato di fare emergere tutti gli elementi architettonici della fabbrica che ancora oggi rappresentano un vero e proprio patrimonio storico-monumentale e che, purtroppo,un’intera generazione sconosce, a causa degli eventi che hanno portato alla chiusura della chiesa”.- dice Francesca.
Proprio per questo motivo, la tesi, attraverso i nuovi metodi della rappresentazione, fa vedere come era la chiesa nella sua prima e migliore configurazione, quando la copertura della volta centrale era una volte a botte lunettata, dove a ogni lunetta corrispondeva una finestra a edicola.
Vengono descritti nella tesi, inoltre, i resti degli elementi di arredo e le opere d’arte presenti all’interno della chiesa, tra cui i resti dell’organo indorato nel 1882 dai fratelli Antonio e Domenico Ferraro,che fino a qualche anno fa risultava ancora integro; e ancora i mausolei dedicati alle nobiltà sambucesi e i meravigliosi affreschi del De Miceli e dell’artista sambucese, Gianbecchina.
Purtroppo, gli episodi di sciacallaggio e di totale indifferenza hanno portato via via alla perdita di queste preziose opere d’arte che un tempo adornavano la chiesa madre.
Quello che rimane oggi è certamente un edificio provato fortemente dal terremoto, ma non si esclude la possibilità che, con una buona opera di restauro la chiesa non possa tornare in vigore come prima ed essere per Sambuca . . . .com’era originariamente.
Margherita Ingoglia