Io accuso. Prima di lasciare la poltrona di sindaco di Sciacca e la politica, Vito Bono ha convocato i giornalisti e ha detto tutto quello che avrebbe voluto dire per due anni e mezzo. Non aveva più motivo, d’altra parte, di restare in silenzio.
Sono stato massacrato. Un po’ col vittimismo Vito Bono ci ha giocato sin dal primo momento. Il suo obiettivo principale, di fronte ad ogni disputa, era quella di verificare se il problema sollevato fosse o meno colpa sua.
Ma “sono stato massacrato” Bono non l’ha detto all’opposizione, l’ha detto ai suoi. Alla sua stessa maggioranza. “Per due anni e mezzo ho dovuto subire gli strali di chi avrebbe dovuto sostenermi”. Insomma: è questo il motivo per cui Bono ha gettato la spugna. “Non ce la faccio più, me ne vado”. Prima però ha attaccato tutti. O quasi. Se l’è presa col Pd, con il Fli, con l’Api. Ha risparmiato dalle critiche soltanto l’Mpa.
Se ne va, Vito Bono. Alla ricerca della tranquillità perduta. Tranquillità di chi faceva solo il medico di base, era apprezzato dalla gente per la sua umanità e per la simpatia. Si è buttato nell’agone politico. Mai l’avesse fatto! Si è accorto che quando si salgono i gradini della celebrità la reputazione scricchiola. Quella reputazione che, però, era il bene più prezioso di Vito Bono. Messa in discussione perfino quando non aveva alcuna colpa. Ad esempio quando il Consiglio comunale ha approvato (primo adempimento della sua gestione) un debito fuori bilancio da 700 mila euro. Beneficiario: il suocero, proprietario di un immobile in via Dante Alighieri danneggiato da un’esondazione del 1991. Il tribunale ha dato ragione al privato. Il debito andava pagato, dunque. Eppure i veleni sul conflitto d’interessi l’hanno fatta da padroni. Quando Bono l’ha capito era troppo tardi. “Se avessi immaginato che questa vicenda avrebbe registrato tutte queste polemiche non mi sarei mai candidato”, ha detto. Ed è in questa frase che c’è tutto il limite di un “non-politico”. Solo uno non abituato ai veleni della politica non avrebbe potuto immaginare le polemiche.
Ma tant’è. Bono passa alla storia (suo malgrado) per questo debito e per il periodo dei “soddi uncinnè”. E’ stata questa la risposta data dal sindaco tutte le volte che qualcuno sollevava la necessità di investire, coprire le buche nelle strade, fare le cose. Il problema è che davvero soldi non ce n’erano più. Al punto che il comune nei mesi scorsi ha dovuto cancellare tra gli impegni del 2012 l’ultracentenario carnevale. Anche perché organizzare il carnevale nell’anno in cui si stava sforando il patto di stabilità sarebbe stato un bel controsenso.
In questo clima Vito Bono si è reso conto che ad attaccarlo non erano solo i consiglieri dell’opposizione, ma anche quelli della sua stessa maggioranza. Che ad un certo punto gli hanno imposto una verifica politica che ha richiamato alla memoria i fatti della prima repubblica. Bono ha cercato di superare tutto indenne. Non ce l’ha fatta. Ha voltato le spalle al palazzo. Ora a Sciacca arriva un commissario. Si torna a votare a maggio. Bono non sarà della partita. Mai più.
Massimo D’Antoni