Un incidente viene segnalato su quella stradella che è ancora considerata percorso alternativo, quando invece altro non è che una “mulattiera” in uso per oltrepassare il ponte Verdura crollato: un budello di quasi 40 km intasato di traffico e che sta cedendo in alcuni punti, come segnala un simpaticissimo utente di facebook con la sua inossidabile verve satirica:
Bollettino 13/02/2013 – Sulla veloce e agevole alternativa Ribera-Calamonaci-Carrapipi- Villafranca-Sant’Anna-Sciacca, pioggia battente mista a timidi chicchi di neve, tratti con smottamenti di terreno, un tratto in una curva, dove c’è il semaforo col senso unico alternato, che mi pare stia cedendo. Sotto c’è uno strapiombo. Ma nell’ora e 15 di avventuroso viaggio, ho avuto oltre ai brividi tanti pensieri. Passo e chiudo.
Quousque tandem abutere patientia nostra?
Altra testimonianza, è quella di una donna pendolare secondo la quale lo scenario conseguente al crollo del centenario Ponte di Verdura appare a dir poco irreale:
Il piccolo ponte è ancora interrotto. I miei viaggi si allungano, prendono una via più tortuosa e meno sicura. Mi guardo attorno. Tutto mi sembra irreale e surreale.
Transito per chilometri e chilometri di strade pressoché di campagna per aggirare un ponte di nemmeno cento metri e – anche se il parallelo è azzardato – mi chiedo adesso se, come i sudamericani, anche noi siamo stati destinati a cent’anni di solitudine, per scoprire poi che tutto era già scritto.
La nostra lettrice così conclude le sue amare riflessioni:
Un ponte crolla e paralizza due intere province e non c’è soluzione immediata, come se una soluzione immediata non fosse possibile; tutto ciò determina separazione, in qualche modo solitudine. Anche questa è un’ombra del mondo reale. Fatico a comprendere, con la sola razionalità.
Quousque tandem abutere, Catilina, patientia nostra?
La locuzione latina tradotta letteralmente, significa Fino a quando dunque, Catilina, abuserai della nostra pazienza? (Cicerone, 1 Catilinaria).
Prosegue con le parole “Quamdiu etiam furor iste tuus nos eludet? Quem ad finem sese effrenata iactabit audacia?” che, tradotte, significano Quanto a lungo ancora codesta tua follia si prenderà gioco di noi? Fino a che punto si spingerà [la tua] sfrenata audacia?”.
La nostra invocazione, ai giorni nostri, è rivolta alla classe politica.