Francesco  Giunta e il canto Folk siciliano: “è possibile fiorire se c’è una radice”

francesco giunta (3)Cantare per riscoprire le proprie radici, sulla scia di coloro che hanno reso celebre il canto popolare nella stessa Sicilia e altrove, come Rosa Balistreri e Giuseppe Ganduscio. Cantare per esprimere il proprio ideale di diffondere la cultura siciliana nel mondo. Cantare per realizzare un sogno: far parte dei più grandi cultori, cantautori ed estimatori del canto e della musica folk della Sicilia, di entrare a far parte della storia di essa per  essere citato un giorno insieme a nomi celebri del passato come Rosa Balistreri, Giuseppe Ganduscio, Ciccio Busacca. Consapevole che senza passato non può esservi futuro. Per Francesco  Giunta, palermitano, il siciliano è una lingua da riscoprire e amare, alla stessa stregua di un’aulica lingua del passato. I nostri antichi canti, le nostre musiche popolari, per lui sono di valore inestimabile, tanto da portarli realmente nelle più alte sfere della cultura come l’aula magna della “Facoltà di lettere e filosofia di Palermo” in una lezione concerto tenutasi recentemente con Ezio Noto. Ogni suo canto lo esprime come se fosse la prima volta che lo facesse, tanta è la passione che ci mette. Incontrato alla serata “Eat pizza e sing folk” organizzata da Carmelo Russo, e in cui erano presenti anche Ezio Noto, Salvatore Castelli e tanti altri estimatori della musica popolare siciliana, questo dice ai nostri microfoni:
Come è nata questa tua passione per il Folk?
Noto Giunta (1)“Se per folk intendiamo il canto popolare, il canto di tradizione, nasce dal bisogno di affermare un desiderio forte che viene da lontano. Io appartengo ad una generazione che aveva il dialetto negato. Mi ricordo che a scuola non potevamo parlare in dialetto, era bandito. E per me che invece ero nato nel dialetto era come se fosse stata una violenza. Io sono nato a Palermo, negli anni ’50, in un periodo dove non c’era ancora l’italiano per tutti, doveva ancora arrivare. E in quel periodo, con i tentativi di forzare tutti a parlare in italiano, tutti i dialetti erano negati, in particolar modo quelli meridionali. Quindi quando divenni adulto, ancora prima delle attuali questioni che hanno a che fare con la globalizzazione, sentii il bisogno di recuperare la mia lingua. Soprattutto dopo aver sentito Rosa Balistreri, Ciccio Busacca, i grandi nostri interpreti.”
Ti è capitato di incontrare di persona Rosa Balistreri? Cosa hai provato in quel momento?
francesco giunta (1)“Ho avuto la fortuna di incontrare Rosa una sola volta, che però è stata determinante per la mia vita perché io avevo poco più di trent’anni, scrivevo e pensavo di limitarmi ad essere un autore. Andai a trovare Rosa proponendole le cose che avevo scritto in siciliano, sperando che lei le cantasse. Lei, dopo averle ascoltate mi disse: “Scrivi delle cose belle, ma le devi cantare tu, perché se te le canto io quannu mori Rosa un canta chiù nuddu”. Rosa aveva questo timore, che la sua morte, essendone l’unica rappresentante, potesse coincidere con la morte del canto in siciliano. Evidentemente diceva questa cosa a tutti, non solo a me. Pensava che fosse importante che tutti si cantasse, che si desse fronte e bandiera del canto in siciliano. Quindi questo fu l’incontro fortunato con Rosa e la spinta che mi diede a mettermi io a cantare.”
Cosa ti ha portato invece a Ribera? Ad esempio il collegamento tra Rosa Balistreri e Giuseppe Ganduscio?
“Decisamente sì perché in pochi sanno che Rosa Balistreri ascolta Ganduscio quando già egli non c’è più. Ascolta a Firenze i dischi che lui aveva registrato, e da cui ricava il suo repertorio iniziale. Se si ascoltano infatti i primi dischi di Rosa ci si rende conto che sono Ganduscio. E ancora prima il corpus del Favara dal quale Ganduscio attinse.”
gruppoChi era Favara?
“Era un etnomusicologo come il Pitrè che ha raccolto il canto in siciliano. Lo fece alla fine dell’800 e agli inizi del ‘900. E a differenza del Pitrè, lui trascrive le melodie, sapendo leggere la musica. E così ci ha lasciato questo corpus di oltre mille frammenti di canto popolare, e ne ha fatto un lavoro magistrale di registrazione che è arrivato fino a noi. Ganduscio, quando torna in Sicilia dalla Toscana, pochi anni prima di morire, essendo a conoscenza del corpus del Favara, voleva verificare quanto fosse rimasto a distanza di mezzo secolo. Così registrò delle cose straordinarie che Rosa poi ebbe modo di ascoltare. Forse la Sicilia è l’unica regione in Italia che ha la fortuna di avere questa catena di documenti che ci consentono di andare molto indietro nel tempo. E ne dovremmo essere molto più fieri e più orgogliosi.”
Secondo te il canto siciliano può ancora interessare ai giovani di oggi, ci può essere qualcuno che come te porta avanti questo corpus di canti nel futuro?
“C’è una cosa che dico sempre: è possibile fiorire se c’è una radice. Se non c’è una radice non c’è fioritura. Si può rifiorire per guardare al futuro. Quindi i giovani sicuramente, e alcuni già fanno, possono attingere a queste culture. E su questa cultura scrivere cose nuove e guardare al futuro. Non c’è futuro senza passato. Senza memoria non c’è nulla dall’altra parte di essa.”
Noto Giunta (2)Da cosa e quando è nata la collaborazione con Ezio Noto?
“L’amicizia è nata su Facebook. E siccome senza ombra di dubbio viviamo la musica con la stessa passione, ci siamo trovati in sintonia ed è stato inevitabile fare dei percorsi insieme.”
Cos’è per te Sicilia?
“La Sicilia è la mia carne, è gran parte di me stesso. È il posto in cui sono nato, e come la gran parte dei posti in cui si nasce può essere un posto meraviglioso se attingi alle cose migliori. Io ne faccio motivo di gioia e condivisione con gli altri perché so che c’è una specificità che può partecipare alla ricchezza del mondo. Nel senso che, se il mondo continuerà ad essere un mondo vario, dove ognuno è qualcosa di preciso che viene da lontano, allora sarà un mondo più ricco. Così per me la Sicilia è la mia specificità e ciò che sento dentro con naturalezza.”
sul palcoSecondo te la Sicilia può essere conosciuta allora non solo per gli aspetti negativi ma anche per quelli positivi?
“Sì, ma dipende dai siciliani. Bisognerebbe trovare una strada che li accomuni e che li faccia muovere insieme verso qualcosa. Tutto questo aldilà delle istituzioni, dei partiti. Trovare una sorta di filo conduttore che ci leghi e fare come stasera. Stare insieme per la gioia di essere i destinatari, gli eredi di un patrimonio così importante. Vivere questo concetto senza paura e senza la necessità di contrapporsi in modo inutilmente orgoglioso contro gli altri. Proporsi con la gioia di essere fratelli.”

Mirella Ciliberto

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