Jerome Bruner scompare a 101 anni, con lui “la mente si appropria della cultura”

Si è spento lunedì scorso all’età di quasi 101 anni, Jerome Bruner, l’ultimo grande padre fondatore della psicologia moderna, erede di psicologi come Piaget e Vygotskij e di psicoanalisti come Freud e Jung. Negli anni Cinquanta Bruner condusse la rivoluzione cognitiva che ha riportato in auge la cultura e lo studio della mente umana, ritenuta inconoscibile dagli studiosi del comportamento. Quali sono le sue più rilevanti acquisizioni?
Bruner compì una svolta culturale nella quale definì la mente dell’uomo come un’entità fondata sul concetto di significato e sulle modalità attraverso cui viene creato: non contano le regole universali per il funzionamento della mente, ma appare centrale il significato. La mente umana è semantica non sintassi, per questo probabilmente un computer non raggiungerà mai il livello di un essere umano.
Alla base della condotta umana vi è il significato. Per comprendere l’uomo occorre studiare gli stati intenzionali che guidano le azioni: la via d’accesso è la cultura che, attraverso sistemi simbolici quali il linguaggio, veicola quegli stati intenzionali.

La Psicologia culturale si pone l’obiettivo di interpretare i modi in cui la società e la cultura influenzano lo sviluppo individuale. Con Bruner “la mente si appropria della cultura”.
Il bambino partecipa attivamente alla vita, fin dai primi mesi di vita, all’interno di format: che sono schemi interattivi o modelli di azione in base ai quali si svolgono le interazioni abituali tra genitore e bambino fin dai primi giorni di vita. Le interazioni tra bambino e adulto si strutturano secondo schemi fissi in cui adulto e bambino cooperano per uno scopo comune, come ad esempio accade nel rituale della pappa.
Grazie allaBrunerWeb regolarità con cui avvengono questi scambi, il bambino impara sia ad interpretare le azioni e le espressioni della madre a partire dal significato che hanno nella sequenza, sia a produrre esso stesso tali azioni ed espressioni, passando dall’uso di segnali convenzionali all’uso di parole e gesti comunicativi (cfr. John W. Santrock, Manuale di psicologia dello sviluppo).

Al di là dell’Ego freudiano, Bruner preferiva il termine We-go per meglio esprimere la tendenza a rivolgerci continuamente verso gli altri, così Ego e We-go si intrecciano continuamente.

“Si può andare verso gli altri per molti motivi, – spiegava Bruner in una recente intervista – io penso che il sentimento di impotenza e la paura di non farcela da soli ci spinga verso gli altri, ossia dall’Ego al We-go. Ma il successo non è scontato: ci si dibatte fra l’incertezza, le difficoltà, la frustrazione ma anche la soddisfazione e la creatività. È un equilibrio impossibile, gli altri come scriveva Sartre sono l’inferno, ma un inferno necessario”- così concludeva Jerome Bruner il suo illuminante ragionamento.

Davide Cufalo

Davide Cufalo

Direttore responsabile di SicaniaNews. Ha collaborato con il Giornale di Sicilia, Momenti di vita locale, AgrigentoNotizie, Agrigentoweb e Palermo24h. Visita il suo Blog.

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