Tra ponti e archi, Anna Burgio.

Tra ponti e archi

archi di pasquaIl piccolo ponte è stato riaperto. O meglio, è stato riaperto ciò che di esso rimane. Si transita dopo aver aspettato a un semaforo, a senso unico alternato, a passo d’uomo, ma si transita.
Attraverso quelle poche decine di metri lentamente, con cautela e ciò che provo è un bellissimo senso di liberazione: l’ora di viaggio che divide la mia casa dal lavoro mi sembra adesso quasi una passeggiata, dopo le lunghe settimane fatte di curve e di buche, di salite e ridiscese, di asfalto instabile, di file e di code. È strano, ma le contrarietà fanno spesso apprezzare ciò che prima sembrava pesante, difficile da affrontare.
Il senso di liberazione, però, contrasta con un altrettanto forte sentimento di amarezza: sono stati necessari cinquanta lunghissimi giorni per trovare la soluzione che, di primo acchito, era venuta in mente alla gente comune, quella dotata del buon vecchio, sano senso pratico.
Intanto si passa.
Riprendo a fare la mia strada come i vecchi tempi, con un decente margine di sicurezza e di tranquillità, anche se non posso fare a meno di chiedermi quanto siano sicuri gli altri ponti su cui passo, quanto siano affidabili queste mie vie. Ricomincio a prestare un po’ di attenzione in più alla radio, ma una delle notizie che ascolto non mi piace per niente. La mancanza di finanziamenti impedirà, quest’anno, la realizzazione della festa degli Archi di Pasqua a San Biagio Platani. Ci saranno esclusivamente gli archi centrali, sotto i quali avverrà l’incontro tra il Cristo risorto e la Madonna, innalzati solo grazie a contribuiti volontari.
Cerco di riportare alla memoria ciò che so della festa. Nata nel ‘700, per fare dimenticare agli abitanti del paese la miseria del tempo, la festa ha una caratteristica peculiare: tutti gli addobbi, che creano effetti spettacolari nella loro magnificenza, sono realizzati con materiali rigorosamente originati dalla natura, dai cereali ai datteri, dagli agrumi al pane.
Quest’anno la festa non si fa per mancanza di fondi, esattamente come succede a Sciacca con il carnevale.
Nel corso del mio viaggio ormai più sereno, mi dico che gli effetti della crisi, dunque, non sono solo economici; la crisi ci depreda delle nostre tradizioni, della nostra cultura, della nostra storia. Ma anche un altro pensiero sopraggiunge. Non ci sono fondi per mantenere le nostre feste secolari, però, contemporaneamente, soldi pubblici vengono buttati in fondo a un fiume che non vuole saperne di tenere gli argini, o in blocchi di cemento che di cemento non sono.
In questi giorni le campagne che circondano la mia strada sono un tripudio di colori. Mi guardo attorno, mentre guido e penso che è primavera, nonostante tutto. Sorrido, perché mi viene in mente un parallelo sfacciato e quasi osceno: mi ripeto l’epitaffio di Immanuel Kant – “il cielo stellato sopra di me, la legge morale dentro di me” – e me lo ricostruisco a modo mio: niente archi sopra di me, niente ponti sotto di me.
Per il resto, spero che la memoria di Kant non se ne abbia a male, ma la povera, piccola viaggiatrice continua a scherzare con le sue parole: il cielo stellato per fortuna rimane, sulla legge morale ho qualche dubbio.

Anna Burgio

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