Della politica, secondo Anna Burgio.

Della politica

palazzo-dOrleansHo ritrovato in questi giorni una nota scritta qualche anno fa, nella quale mi domandavo quale nesso corresse tra la politica e la vita della gente comune.
Scrivevo, tra l’altro:
“Da diverso tempo non sfioro più nemmeno ciò che riguarda la politica. Il motivo è forse dato dal senso di stridore – che vivo oggi più forte che mai – tra politica e società civile, tra ideologia e vita concreta, tra gli accordi di palazzo e lo scorrere delle ore della gente che è comune, e magari anche perbene. Non posso, tuttavia, non interessarmi alla gestione della cosa comune, che è di tutti noi, a quella che ci tocca nel pezzo di pane, nel lavoro, nel posto in cui viviamo, nel modo in cui cresciamo i nostri figli. So che tra l’una e l’altra politica il nesso è stretto, essendo le due contigue e a volte coincidenti, ma oramai riesco a interessarmi soltanto della seconda, perché è quella che mi restituisce il senso della realtà; l’altra, quella delle grandi scelte e della abnormi operazioni, mi sembra ormai talmente avulsa dalla concretezza da apparirmi quasi come fantascienza”.

La nota risale al febbraio del 2010, sono trascorsi più di tre anni durante i quali è accaduto di tutto, ma nulla di sostanziale sembra ancora essere cambiato.
Non è di politica che voglio parlare, non credo neanche di averne la competenza.
Quello che mi è passato per la mente, durante i miei viaggi ormai stabilmente e innaturalmente allungati, è legato prevalentemente al concetto di pudore. Abbiamo votato da poco, siamo ancora in attesa dell’insediamento delle nuove Camere e, come è giusto che sia, ci troviamo in una fase in cui le varie forze politiche studiano i reciproci passi e cercano accordi; tutto ciò acquista maggiore senso alla luce del risultato incerto del voto.
Però.
Però il senso del pudore vorrebbe che la politica diventasse, oggi più che mai, una cosa seria, non foss’altro che per il rispetto che i nostri rappresentanti dovrebbero ai cittadini che li hanno votati, e alla situazione di crisi che stanno vivendo.
Diventa triste, se proprio vogliamo usare un eufemismo, assistere ai balletti di mosse e contromosse, infarciti e o meno di insulti da parte di chi oggi è nemico e domani sarà forse alleato. E diventa poco credibile che l’oggetto del contendere, che lo scopo finale sia il raggiungimento del bene comune.

Ma i miei viaggi sono diventati più lunghi, e il tempo per pensare abbonda. Così continuo, con le mani al volante, ad andare avanti nei miei ragionamenti che si fanno sempre più peregrini.
Se una fase di stallo c’è, se un rischio di ingovernabilità esiste, è perché questo è stato l’esito delle consultazioni elettorali.
Noi abbiamo votato, noi abbiamo scelto. Ed è così che il cerchio dei pensieri si chiude, perché torno con la mente alla nota scritta più di tre anni fa: tra la politica dei piani alti e quella della gente comune non c’è discrepanza, una discende dall’altra, si intrecciano in un abbraccio che a volte rischia di diventare mortale.
Noi, comuni cittadini, facciamo politica ogni giorno; facciamo politica con ogni nostro gesto, alzandoci la mattina per andare al lavoro, alzandoci per andare a cercare un lavoro, facendo la spesa al supermercato, scegliendo una scuola piuttosto che un’altra per i nostri figli. Andando a votare.
È nostra la forza, solo che spesso non ce ne rendiamo conto. Forse l’abitudine a delegare ci ha reso meno consapevoli, o forse veramente consapevoli non lo siamo stati mai.

Anna Burgio

3 Commenti

  1. Ciao Anna, quello che dici è profondamente vero. C’è un’interazione costante tra la vita e la politica, ma credo che solo potenzialnente, ogni nostro gesto diventa momento di azione (inteso come politico). Quegli “eletti” ormai non li mettiamo lì neppure più noi! Tu credi sia democratico segnare una croce sul simbolo e poi tutto il resto lo decidono gli altri? Io non lo credo. Che ci debba essere una maggiore consapevolezza di ciascuno di noi è fuor di dubbio. Ciascuno dovrebbe mettere in conto quello che è il proprio ruolo, fondamentale per la Democrazia; che un voto (anche solo uno) puó e deve essere espresso nel pieno del suo valore.
    Il cerchio non credo si possa chiudere ora. È il tempo meno probabile. Abbiamo sicuramente contribuito anche noi a tutto questo. Ma oggi la Politica sono solo loro e noi combattiamo la vita del quotidiano. Sempre più isolata, sempre più difficile.

  2. Sono d’accordo con te, Lois, e questa non è una novità. Non ho voluto trattare l’aspetto delle mancate preferenze elettorali, perché sarebbe stato un argomento lungo da affrontare e mi avrebbe portato lontano e probabilmente fuori tema, rispetto al senso del pudore. Tuttavia, condivido pienamente il fatto che mettere una croce su un simbolo, come tu dici, costituisca una limitazione della libertà d’espressione e della partecipazione alle scelte. Hai ragione, secondo me, anche quando dici che non è ancora tempo di chiusura del cerchio. Però il rischio che corriamo è quello della deresponsabilizzazione a caduta libera, cedendo al gioco delle deleghe e dello scaricabarile di ogni responsabilità. Non è ancora tempo, ma qualcosa dovremmo pur fare per riappropriarci del senso delle nostre esistenze.

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