Economia riberese di nuovo in ginocchio. 2 febbraio 2013, 25 novembre 2016, due date catastrofiche per le sorti del mondo agricolo, che non sarà possibile dimenticare. Crollo del ponte Verdura tre anni fa, ieri alluvione di proporzioni inaudite con la furia dell’acqua che ha spezzato in due le arterie di collegamento principali, annegato ettari di agrumeti, travolto mezzi, alberi, magazzini e quant’altro ha trovato dinanzi il suo cammino.
Ogni tre anni le forze della Natura sembrano complottare contro la normale conduzione delle attività lavorative umane, se non fosse che, in questo, come in molti altri casi, la componente umana gioca un ruolo fondamentale nell’esasperare le conseguenze di un evento atmosferico certo eccezionale: in poco meno di 3 ore sono caduti ben 144 mm di pioggia nel centro abitato e in tutto il comprensorio di Ribera.
Tanto è bastato per isolare la città: si è aperto un baratro sulla SS 386 (in contrada Torre) che collega il centro abitato verso il bivio Macaluso per Sciacca o Agrigento; anche la strada provinciale Ribera-Magone, direzione SS115, si è interrotta in piena discesa a causa del nubifragio. Da quanto apprendiamo oggi la SS 386 sta comunque per essere riaperta al traffico.
Nelle ore di pioggia torrenziale la via Circonvallazione a Ribera è diventata un fiume in piena, inondando e danneggiando scantinati e il supermercato della LIDL; abbattendo nuovamente il muro esterno di tufo arenario dell’istituto superiore “Crispi”, sempre sulla Circonvallazione.
Linee telefoniche mobili e fisse interrotte in molti quartieri di Ribera, ancora oggi telefoni fissi muti.
L’interruzione di ieri mattina del transito sul viadotto Verdura sulla SS115, chiuso per alcune ore in via precauzionale (riaperto nel tardo pomeriggio), ha fatto temere il peggio, poiché la sua chiusura precludeva persino il raggiungimento del più vicino ospedale di Sciacca in caso di emergenza. Deve comunque indurci a riflettere il fatto che un evento disastroso, seppure ogni tre anni, possa dividere in due la parte occidentale del territorio agrigentino, isolando Ribera e i paesi più interni, senza avere vie di fuga. Perché non esistono tratti di linea ferroviaria, o strade alternative che è possibile percorrere in caso di emergenza (la via interna verso Burgio e Villafranca in caso di pioggia diventa un fiume di fanghiglia).
La batosta più grande l’hanno comunque subita ancora una volta le attività commerciali e gli agrumeti, letteralmente inondati quelli adiacenti il fiume Magazzolo, per mancata manutenzione, secondo agricoltori testimoni che abbiamo contattato, dei canali di scolo, o rami affluenti, che non hanno retto l’urto di precipitazioni così copiose. In parte otturati da detriti non hanno bene convogliato le acque verso il fiume Magazzolo, i cui argini principali comunque hanno retto.
Di chi sia la responsabilità è presto per dirlo? Si giocherà al solito rimpallo di responsabilità: non tocca a me fare la manutenzione, no tocca a te. Impraticabile, a causa del nubifragio, la strada ex consortile che collega Seccagrande ai terreni in contrada Castellana, la maggior parte dei quali sono stati sommersi.
Danni ingenti agli agrumeti, col frutto pendente, su tutto il comprensorio di Ribera, e inondazioni anche nei magazzini di lavorazione in contrada Donna Vanna.
È ancora una volta l’apocalisse dell’Agricoltura, con pesanti responsabilità individuate dagli agricoltori più arrabbiati a carico della classe politica e dirigente agrigentina, capaci di intervenire soltanto dopo l’emergenza e non in via preventiva.
Prevenire significherebbe pianificare le attività dei bracci operativi dei consorzi ai fini della manutenzione, sistemare con adeguata progettazione tutte le strade rurali di accesso ai fondi, consentire agli agricoltori di lavorare in sicurezza senza rischi per la propria incolumità.
Chiedere o elemosinare fondi per gestire l’emergenza non mi pare sia una soluzione a lunga scadenza. I nostri politici dovrebbero prima chiedere rispetto e dignità per il nostro territorio, senza scendere a compromessi, rivendicando prima di tutto diritti. Strade, autostrade, ferrovie e servizi come quelli dei più evoluti paesi nordeuropei che, talvolta, ci guardano dall’alto in basso per la nostra arretratezza in termini di strutture e servizi.
Monta la rabbia del mondo agricolo verso i nostri governanti, capaci di monopolizzare il pubblico dibattito sul referendum costituzionale, quando, invece, i problemi del Sud sono molto più impellenti.