Saudade, in ricordo di Antonio Tabucchi.

Saudade

tabucchiUna di queste notti ho fatto un sogno. Ho sognato che parlavo con un uomo, era un dialogo fitto fitto, piacevole e confidenziale.
Trattandosi di un sogno, della materia dei sogni era fatto. Non c’erano, dunque, regole di spazio e di tempo, né tantomeno di razionalità.
Non mi sono meravigliata, perciò, che il dialogo avesse luogo tra Portogallo e Sicilia e, nonostante ciò, mantenesse le caratteristiche di un colloquio faccia a faccia, senza connessioni di alcun tipo, né telefono, né internet, nulla.
Non mi sono meravigliata neanche che l’uomo facesse Antonio di nome, Tabucchi di cognome.
Del resto, dicono che il sogno rielabori i pensieri del giorno, e mi è accaduto di recente di pensare a Tabucchi, forse perché il prossimo 25 marzo ricorrerà il primo anniversario della sua morte.

Antonio Tabucchi mi stava dicendo del viaggio.
“Non c’è bisogno che io te ne parli” sosteneva “ne ho scritto talmente tanto che potrai leggerne senz’altro, se non hai già letto”.
Evidentemente lo stato di sonno aumenta la lungimiranza e incentiva il ricordo, perché cominciai a citare a memoria:
“Sono un viaggiatore che non ha mai fatto viaggi per scriverne, cosa che mi è sempre parsa stolta. Sarebbe come se uno volesse innamorarsi per poter scrivere un libro sull’amore”.
“Ma brava” mi disse lui ammirato, dal lontano Portogallo e talmente vicino che sentivo la sua voce chiara e netta nelle orecchie. “Dovevo piacerti davvero tanto, quando ero vivo”.
“Mi piaci ancora” feci io “mi piacerai sempre. Sai che sei stato, assieme a De André e a Sciascia, tra le poche persone sconosciute e lontane di cui ho pianto la morte? Potrei anche dire che ti ho voluto bene, non conoscendoti”.
“Tu non mi conoscevi? Se un autore si conosce dalle sue opere, tu mi hai conosciuto, eccome. Mi citi a memoria, addirittura. E dimmi, c’è uno dei miei scritti che preferisci?”
Avrei potuto anche pensarci un po’ su, invece risposi senza esitare.
“Tristano muore” dissi “e, considerato che certamente me lo chiederai, ti spiego anche il perché. Anzi, te lo dico con parole tue:
‘Che strano, pensaci un po’, mio padre studiava le vite vicinissime col microscopio, mio nonno cercava quelle lontanissime col cannocchiale, entrambi con le lenti. Ma la vita si scopre a occhio nudo, né troppo lontana né troppo vicina, ad altezza d’uomo’. Quella di Tristano è una vita che si fa raccontare, scoperta ad altezza d’uomo. È così che mi piacerebbe guardare il mondo, Tabucchi”.
“Non è difficile se ti impegni, viaggiatrice” mi rispose lui “e ora lasciami andare, sono in cammino da un anno e il viaggio che ho da fare è infinito. E dimenticati di me, guarda il mondo all’altezza che vuoi, ma con i tuoi occhi.”
L’uomo si allontanò, e si allontanò il Portogallo, mentre riemergevo dal sogno e dal sonno. Già in dormiveglia, accompagnai il mio sogno che mi lasciava:

Ti ho amato e ti amo, Tabucchi, per la bellezza delle tue espressioni, per la tua lucidità, per la tua onestà intellettuale, per il tuo coraggio e il tuo impegno, per il tuo Pessoa. Ti amo e ce l’ho su con te perché sei andato via troppo presto, quando ancora avevi tanto da donarmi, tante parole che sarebbero state per me ricchezza. Non è vero, non ce l’ho con te. È soltanto Saudade, quell’intraducibile malinconia che ci prende per ciò che non è più. Buon viaggio, Tabucchi”.

Anna Burgio

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